Che uno dei corollari forse più evidenti, ma meno discussi, della crisi economica e immobiliare degli scorsi anni sia il numero crescente di piccoli negozi che chiudono o rimangono sfitti è un dato di fatto. Immobiliare.it, già diverso tempo fa, aveva evidenziato come buona parte di essi si stesso trasformando in immobili residenziali consentendo a molti italiani di accedere a case nuove a prezzi di certo molto attraenti. Non sempre però questo accade, non tutti gli immobili possono essere riconvertiti e numeri alla mano quelli che restano senza un nuovo inquilino e con la saracinesca abbassata aumentano di anno in anno. Stando a quanto ha comunicato l’associazione che riunisce i proprietari di immobili, Confabitare, nel 2014 i locali commerciali che sono rimasti senza affittuario sono stati 600.000 e la tendenza non si è invertita nemmeno del primo semestre dell’anno in corso durante il quale, solo per citare qualche esempio, gli immobili commerciali sfitti sono aumentati del 15,5% a Venezia, del 19,5% a Roma, del 22% a Napoli e, nonostante l’auspicato effetto dell’EXPO, del 23,2% a Milano.
Eppure, a detta di Alberto Zanni, Presidente di Confabitare, una soluzione ci sarebbe; basterebbe applicare anche agli esercizi commerciali i benefici della legge 431/98; ovvero quella sui canoni concordati riconosciuti alle abitazioni. Ad un affitto più basso per l’inquilino, in una forchetta compresa fra il 20% ed il 30%, corrisponde uno sgravio importante sul pagamento dell’IMU per il proprietario che si troverebbe a pagare un’aliquota media pari al 7,6 per mille e non, come oggi, al 9,8 per mille.
Zanni ammette che questo vorrebbe dire meno introiti per i comuni, ma con un danno molto ridotto se confrontato con i molti benefici sociali ed economici che porterebbe.