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Esistono due fenomeni sociali che, negli ultimi anni, stanno interessando in maniera generalizzata tutto il territorio italiano. Da un lato assistiamo a un progressivo e costante spopolamento delle cosiddette aree interne, quelle situate sulle colline, nelle valli, sulle cime delle Alpi e su quelle Appennini. Parallelamente, anche i centri storici delle città stanno perdendo residenti a causa dei prezzi sempre più alti delle abitazioni.
E così, di riflesso a queste tendenze, cresce ogni anno il numero di filiali bancarie che chiudono i battenti nelle zone meno frequentate. Sportelli che vengono aggregati l’un l’altro per raggiungere il livello minimo di clienti tale da giustificare la presenza di un ufficio. Al contempo, i locali sfitti divengono oggetto delle cosiddette dismissioni immobiliari: vediamo di cosa si tratta.
Come avvengono le dismissioni immobiliari e quali immobili interessano
Nel momento in cui un istituto di credito comunica la decisione di ridurre il numero di filiali attive in una determinata area geografica, è suo dovere predisporre anche tutte le pratiche che permettano di individuare una nuova destinazione d’uso per i locali che ospitavano gli sportelli.
Nella stragrande maggioranza dei casi, gli edifici in oggetto sono di proprietà dello stesso ente, che quindi ha tutto l’interesse a valorizzare questo patrimonio immobiliare, evitando che rimanga sfitto e inutilizzato. Ed è qui che vengono praticate le dimissioni immobiliari, ossia delle procedure per individuare nuovi soggetti interessati ad usufruire dei locali divenuti vuoti.
Cosa accade ai locali affitti della Banca
Per il riutilizzo dei fabbricati di proprietà dell’istituto di credito esistono diverse possibilità. Possono essere venduti per intero ad un soggetto interessato che dimostri di avere un progetto di valorizzazione credibile e strutturato. Ma, in assenza di queste condizioni, è possibile anche che la banca decida di cedere separatamente le varie componenti residenziali dell’edificio, collocando diversi soggetti negli spazi che erano adibiti all’attività lavorativa.
Molto meno gettonata è la strada che porta al comodato d’uso dei locali sfitti. Spesso questo tipo di soluzione viene scartata a prescindere, in quanto non porta grandi benefici all’istituto di credito: generalmente l’immobile non aumenta il proprio pregio, la banca non incassa la cifra desiderata e si corre il rischio di dover trovare una nuova destinazione d’uso dopo poco tempo. Sono le stesse criticità che vengono riscontrate per quanto riguarda i contratti d’affitto di questi fabbricati, sempre meno considerati tra le diverse ipotesi possibili.