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Un classicismo intramontabile è rappresentato dalle opere di Marcello Piacentini, tra i massimi esponenti dell’architettura del Novecento. Le sue opere, improntate al neoclassico monumentale e razionale, hanno segnato il volto di Roma e di molte altre città italiane durante il ventennio fascista, ma anche oltre.
Dopo aver esplorato le opere più belle di Renzo Piano, ripercorriamo le più belle opere di un uomo che a quel tempo ebbe la nomea di “architetto del duce” o “architetto di corte del duce”, nonché ideologo del monumentalismo.
Piacentini è noto per essere stato coautore di una delle opere più discusse di sempre: la demolizione della “Spina di Borgo“, che servì per spianare la strada alle parate militari di Via della Conciliazione, ai piedi del Vaticano.
Chi era
Nonostante l’appellativo, la carriera di Piacentini sconfinò oltre l’esperienza con il periodo fascista. Nato a Roma nel 1881, Piacentini si formò all’Accademia di Belle Arti della capitale, per poi perfezionarsi in Francia e in Germania.
La sua carriera iniziò in giovane età con la realizzazione di alcuni edifici in stile liberty, come il Villino Florio nel 1903. Ma del figlio d’arte di Pino Piacentini, si ricordano soprattutto due fasi che hanno inciso nella storia dell’architettura italiana: quella più caratteristica del ventennio fascista, e il periodo post-fascista.
Le sue opere, spesso monumentali e grandiose, hanno contribuito a definire il volto di molte città italiane, non solo Roma. Il suo classicismo monumentale era necessario al regime perché doveva tradurre l’ideologia, in edifici e opere, che ancora oggi affascinano o dividono l’opinione pubblica. Un po’ perché hanno lasciato tracce indelebili di quel periodo, un po’ per la tecnica e lo stile formale e metafisico tanto in voga in questi anni.
La sua eredità è ancora oggi oggetto di dibattito, in particolare l’abbattimento del borgo medievale “Spina di Borgo” per spianare la strada all’attuale Via della Conciliazione, progettata a due mani con Attilio Spaccarelli.
Gli edifici abbattuti si trovavano tra Castel Sant’Angelo e piazza San Pietro. Erano attraversati da un labirinto di viuzze che dovevano accompagnare il visitatore davanti alla grandiosità di piazza San Pietro, con la cupola maestosa di Michelangelo.
L’effetto a sorpresa fu così stravolto per aprire la strada alle parate fasciste che dovevano sfilare sulla nascente Via della Conciliazione. Ma ci sono altre opere che caratterizzano molte grandi città italiane.
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Quali sono le opere più belle di Marcello Piacentini
Il vero successo del Piacentini arrivò negli anni Venti, con l’avvento del fascismo in Italia. Divenne l’architetto di fiducia del regime, incaricato di realizzare opere che celebrassero la pretesa potenza e la monumentalità dell’Italia fascista.
Tra i suoi lavori più importanti di questo periodo ricordiamo, in ordine cronologico di inaugurazione, i seguenti edifici e complessi:
La sede dell’Associazione Nazionale dei Mutilati e Invalidi di Guerra a Roma (1928)
Edificio emblema dello stile classico e del monumentalismo, situato nel quartiere Prati.
Il palazzo è a pianta quadrata e presenta una facciata in stile neoclassico, con un pronao a sei colonne doriche e un timpano triangolare, chiari riferimenti alla classicità,
La Basilica del Cristo Re a Roma (1931)
Chiesa monumentale situata nel quartiere Prati, a pianta centrale, con un’ampia cupola e un campanile che svetta per 70 metri.
Il Foro Mussolini (1932) – oggi Foro Italico
Un complesso monumentale che includeva la Stazione Termini, l’EUR e la Via dei Fori Imperiali.
Il Foro Mussolini era un complesso sportivo monumentale che doveva rappresentare il simbolo della grandezza del regime fascista.
Il Palazzo delle Poste a Piacenza (1932)
Un edificio imponente in stile neoclassico, a pianta quadrangolare, che si sviluppa su cinque piani.
La facciata principale è caratterizzata da un pronao con sei colonne doriche e da un timpano triangolare.
Piazza della Vittoria a Brescia (1932)
Costruita nel centro storico della città, si presenta a pianta rettangolare ed è dominata dal Palazzo delle Poste, un edificio monumentale in stile razionalista.
I portici sono con ampie vetrate e pilastri in cemento armato. In questa opera trionfano il classicismo e la modernità. La piazza è stata utilizzata come set cinematografico in diversi film, tra cui “Il giardino dei Finzi-Contini” di Vittorio De Sica.
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La Città Universitaria a Roma (1935)
Campus universitario nel quartiere Tiburtino di Roma. Complesso del classicismo monumentale sobrio ispirato ai modelli dell’antichità romana, con edifici grandiosi e simmetrici, caratterizzati da portici, colonnati e ampie piazze.
Il Palazzo di Giustizia a Milano (1940)
Un edificio austero e solenne che rappresenta il potere della legge. Fu realizzato in stile ibrido, tra razionalismo e monumentalità. La facciata, e l’imponente scalinata, sono diventati i simboli mediatici del periodo di Tangentopoli negli anni Novanta.
La Torre Piacentini a Genova (1940)
Conosciuta anche come Grattacielo di Genova, è un edificio di 31 piani situato nel centro della città, stile razionale e classico.
All’epoca della sua costruzione era l’edificio più alto d’Italia e il secondo in Europa.
Le opere post-fasciste di Marcello Piacentini
Nonostante la sua collaborazione con il regime mussoliniano, Piacentini continuò la sua attività anche dopo la Seconda Guerra Mondiale.
In quel periodo, il suo stile formale, duro e monumentale sublimò verso un classicismo più moderato, sobrio e funzionale.
Tra le sue opere più significative del dopoguerra, si ricordano:
Il Palazzo della Farnesina a Roma (1959)
Sede del Ministero degli Affari Esteri, un esempio di architettura razionalista con elementi classici;
Tra le opere del periodo successivo al Ventennio, si annoverano anche:
- l’ampliamento della Stazione Termini (1950);
- il Palazzo delle Esposizioni a Roma (1951);
- l’ampliamento dell’Università di Genova (1952);
- il restauro del Teatro Massimo di Palermo (1956).
Lo stile
Attingendo dai racconti e dalle cronache dell’epoca, Marcello Piacentini veniva descritto come un uomo di grande cultura e raffinatezza, appassionato di arte e musica. Era noto per la sua severità e il suo perfezionismo, tanto da essere soprannominato anche “il dittatore dell’architettura”.
Inoltre, nutriva un forte senso dell’ordine e della disciplina, che si rifletteva nelle sue opere ordinate e simmetriche.
Il suo stile è stato influenzato da diversi movimenti architettonici, ma ci sono un prima, e un dopo che vanno oltre il ventennio fascista:
- il liberty: al netto del giudizio morale, alcuni storici ricordano le opere del Marcello Piacentini progettista ante 1925. Le sue prime opere, come la palazzina Allegri in via Nicotera o le abitazioni in via Porpora a Roma, si rifanno a una tradizione eclettica, con influenze viennesi e liberty, molto distante dalle architetture del Ventennio.
- il classicismo: sono i suoi principali riferimenti quando arriva la svolta con l’avvento del regime fascista, perché Piacentini riesce a dare forma al linguaggio del potere attraverso opere monumentali e grandiose;
- il neoclassicismo: segna il ritorno ai valori estetici dell’antichità classica, reinterpretati in chiave moderna, e necessari alla magniloquenza del regime;
- il razionalismo e le opere del periodo post-fascista: in questa ultima fase, quella del dopoguerra, l’architetto e urbanista abbraccia un movimento che privilegiava la funzionalità e la semplicità delle forme, proseguendo la sua opera nel periodo successivo al Ventennio.