A Maggio dello scorso anno è scaduto il termine imposto per regolarizzare tutti quegli immobili che, non registrati al catasto, erano stati costruiti all’interno di terreni agricoli o aree commerciali o, comunque, edificati senza autorizzazione.
Questi immobili, definiti le case fantasma, non erano per nulla un caso isolato o un fenomeno di alcune aree del Meridione, ma si espandevano in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale tanto che, una prima e ovviamente non precisissima ipotesi, ne classificava oltre due milioni.
Non avendone denunciato l’esistenza, questi immobili non esistevano per il Fisco, fino a quando, scartabellando fra i verbali e i fogli catastali, ci si è resi conto dell’entità del fenomeno dando mandato ai comuni di riscuotere l’Irpef sulle abitazioni che, se non denunciate entro Maggio 2011, avrebbero causato ai loro proprietari sanzioni fino al 400% del valore presunto dell’edificio. E nessuna ispezione sul luogo era stata resa necessaria; ci si sarebbe basati sulle semplici rilevazioni aeree.
Oggi, a quasi 10 mesi da quella scadenza, si cominciano a fare i conti che, per una volta, sono molto favorevoli alle casse dello Stato. L’Agenzia del Territorio è stata in grado di classificare quasi un milione e centomila unità immobiliari fantasma, equivalenti ad una rendita di 817,39 milioni di euro. Tradotto in gettito fiscale, l’ipotesi è quella in base alla quale entreranno in cassa 472 milioni di euro.
Comprensibile e condivisibile la soddisfazione dell’Agenzia del Territorio che, attraverso la voce del suo direttore Gabriella Alemanno, sorella del sindaco di Roma Gianni, ha evidenziato come questi risultati siano stati possibili non solo grazie alla grande collaborazione ottenuta a tutti i livelli dell’amministrazione statale e locale, ma anche grazie all’apporto di tecnologie avanzatissime e innovative mai utilizzate fino ad ora.